Ai pochi e agli ultimi

Ai pochi e agli ultimi

L’umanità è un fascio di luce bianca che attraversa un prisma, attraversato il quale diventa molteplicità di colori.
In questo caso specifico i colori sono sette e tutti di pari importanza.

Oggi è la festa della donna, ricorrenza che ha la necessità di esistere ancora nella misura in cui decenni di lotte, attraversate nel tentativo di guadagnare fettine di dignità, non sono bastate.
Nella vita di tutti i giorni siamo e restiamo una minoranza.
E si tratta di una minoranza silente, squarciata soltanto da un urlo di dolore arrecato da chi ha il piacere sadico, violento e assassino di sopraffare.

Non siamo però l’unica minoranza che subisce.
Ma una delle tante che non è riuscita ad arrivare per storia, incultura e struttura sociale, neanche sul gradino più basso di un podio costruito ad arte di chi si erge a giudice, regolatore del sistema, legislatore o anche solo dal prepotente di turno.
Recitare una ad una tutte le minoranze inascoltate, raccontarne il destino fallito, farne un elenco forse servirebbe a ricordarle, come monito, in una giornata nella quale non si “festeggia un genere” ma di questo si raccolgono ancora le vesti strappate o l’urlo atroce di una Sophia Loren che ne “La Ciociara” scaglia un sasso contro i “turchi”, i ladri e la violenza disumana di certi uomini che oltre a violare una donna, insieme a questo, fanno a brandelli la possibilità di coltivare in sé quel briciolo di senno che ci distingue dalla ferocia istintiva di certe belve.

Allora io oggi ci provo, provo a ricordare alcuni di quei piccoli insiemi di individui per cui la vita è un susseguirsi di tornanti in salita e tra questi trovo le donne e i bambini maltrattati; la gente povera alla quale, ormai, si dà la colpa di esserlo; tutti coloro i quali sono stati traditi dalla vita e che subiscono persecuzioni ingiuste; chi non riesce a intravedere la parte femminile o maschile del suo sé e si riconosce in una identità che in ogni caso gli viene negata ; coloro i quali appartengono a stati nei quali i diritti individuali sono “carta straccia”; i nati per sbaglio in una porzione di globo che è stata lasciata indietro ( a fare da contrappeso per un mondo che, evidentemente, non sa stare in equilibrio da solo); gli ammalati ai quali viene sottratto per ingiuste condizioni economiche o per malaffare il diritto alla cura; gli anziani lasciati soli e emarginati da una umanità presa da un’inspiegabile fretta che porterà tutti noi alle soglie della vecchiaia, né più e né meno come gli uomini invecchiati di oggi e che in questo stesso momento stiamo ignorando; tutti coloro i quali vivono dentro una guerra o da questa scappano; i vinti, gli emarginati e tutti gli esseri umani con una pena nel cuore.

Ho certamente dimenticato altre persone fragili e mi scuso a priori anche della mia miopia.

Ma a questo punto mi e vi domando, tutti coloro che ho citato, questi fazzoletti di umanità sparpagliata, non fanno già di per sé una moltitudine?
Il solo averli visti, sapere di loro, averli riuniti in un gruppo stratificato e complesso ma con il denominatore comune dell’essere apparentemente “minoranza” non ha creato una “massa critica”?
Nello spazio di poche righe queste isole di pena non sembra siano diventate un arcipelago denso?

E allora sapete che vi dico?

Che se davvero devo decidere da che parte stare mi sposto e entro nella schiera folta, in quella degli esseri umani disarmati, nella mischia dei “fragili”, in quel punto esatto del guado dove sta la gente che annaspa e che il resto del mondo ignora.
A guardar bene, siamo davvero in tanti.

La minoranza sta altrove e a quella, almeno questa volta, almeno oggi saremo noi a voltare le spalle.

 
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