Pantelleria, so close

Ormai sono così vicina a Pantelleria che quasi la tocco.
Sono pochissimi i giorni che mi separano dal mio ritorno su questa isola.
È un vero miscuglio di sensazioni, tutte diverse e contrastanti.
A Palermo lascio una parte di me che resta senza che io ci sia.
A Pantelleria mi attende l’altra parte di me che arriva e rivedrà luoghi, “fatti” e persone che attendo da mesi.

Come se avessi due vite.
Chissà quanta gente vive questa duplicità, chissà come vi si è abbandonata, come l’ha fatta scorrere nel suo sangue, negli abbandoni languidi e nel ritrovarsi che è sempre sorpresa.
Non è tutto facile, tra ciò che lasci e ciò che trovi ci sono sempre di mezzo persone e sentimenti.
Se Pantelleria rappresenta il mio luogo di lavoro è anche vero che è anche il luogo in cui la mia anima si pacifica di più.

A molti sembrerà strano, ma è una verità che ho attraversato e conosciuto nei giorni trascorsi tra contrade, mare, vento e gente che va e che viene.
Pantelleria che mi separa da qualcosa o qualcuno e che con tanto altro mi ricongiunge.

Lei, l’Isola intendo, gioca un ruolo fondamentale perché non è un luogo qualsiasi.
È pregna (“pregnant” in inglese vuol dire incinta, uguale è il “pregna” siciliano) di mille emozioni, alcune delle quali sono tra loro simili, altre ancora sono “epifanie” improvvise.
Di quelle che, dopo anni, ti lasciano ancora a bocca aperta.

Qualcuno dice che esistano i “nomadi digitali”.
Io credo che esistano persone come me per le quali il caso e la vita hanno deciso che in un anno si debba e si possa vivere in più luoghi totalmente differenti, amando pregi e difetti di ciascuno.
Cercando di abbandonarsi, ad ogni arrivo e partenza, all’ineluttabilità del fatto che questa è la vita.

Un posto imprecisato, un luogo da esplorare, una catena di affetti che, ovunque tu sia, disegna una sagoma precisa.
Unendo i puntini da 1 a cento, come in un gioco enigmistico, la figura che viene fuori è un ritratto un po’ squadrato, forse approssimativo, di te e della tua anima.