Run, baby, run

Run, baby, run

Giovanni è impegnato per una oretta e mezza ed io decido che ho proprio voglia di mettermi in auto e fare un bel giretto di Pantelleria

Mi do una sistematina, vado a salutare Giovanni e strizzando un occhio gli dico: “La tua amica cinquantaduenne, tutto sommato si mantiene ancora bene”.

Lui annuisce.

Uno, è possibile che non mi abbia nemmeno ascoltata perché sta lavorando.

Due, mi vuole molto bene

Tre, non vede l’ora di non avermi in giro pertanto avrebbe annuito qualsiasi cosa gli avessi detto.

Ho appena finito di mangiare uno yogurt nel quale ho versato sette chili e mezzo di fiocchi d’avena, fuori il vento spira che devo stare sempre di profilo altrimenti mi butta per terra, entro in macchina con giubbotto e pull di cachemire, chiudo lo sportello, allaccio la cintura di sicurezza e penso: “Ora mi godo questa bella passeggiata, guidando piano piano. Senza l’apparente fretta che coglie chiunque approdi a Pantelleria”.

Percorro con mollezza la strada che porta alla perimetrale e avvistato il mare alla mia destra faccio un sospirone di contentezza. Non c’è alcun traffico e posso godermi il panorama da tutti i lati.

Ma ho trascurato due particolari: entrata sulla perimetrale è esattamente come immettersi in un circuito di formula uno, anche se non particolarmente trafficata in questa stagione, le auto dietro ti fanno un pressing straziante; due, il tempo a disposizione non è moltissimo e non posso sforare perché al ritorno a casa abbiamo una serie di appuntamenti sull’isola.

Pertanto in men che non si dica mi trasformo in un pilota collaudato (magari!) e la mia lenta passeggiata in auto si trasforma in una specie di cronoscalata!

E così a sfioro tra cespugli e muretti a secco ho intravisto Salto la Vecchia e mi è andata bene perché ho mantenuto la rotta, sono arrivata all’ Arco dell’elefante che andavo ad una velocità tale che mi ha salutata con un barrito, a Cala Cinque Denti ho temuto di perderli tutti in un frontale, arrivata al Bue Marino ero certa che esso stesso, il BUE dico, mi stesse inseguendo. Così, passando per Mursia sono arrivata fino alla Punta tre Pietre che sembrava me le stessero tirando dietro.

E quando, finalmente, ho imboccato la salita per Scauri ho pensato che sarei salita sul podio più alto.

E la passeggiata con vista sul panorama si è trasformata in una visione periferica del paesaggio che si è tradotta, al passaggio, in strisce di colore verde bluastro e, dulcis in fundo, mi è venuto PURE IL MAL D’AUTO.

Ho la capacità di fare tutto da sola, sempre e nel bene e nel male.

Ritorno a casa e parcheggio, esco dall’auto che ho i trapezi contratti come se avessi fatto un’ora e mezza di sollevamento pesi, sono sudata che neanche se la perimetrale me la fossi fatta di corsa.

Giovanni mi viene incontro sul vialetto, mi guarda e domanda: “Ma che ti è successo? Hai un colorito verdognolo e sembri stravolta”.

Probabilmente prima di uscire uno sguardo veloce me lo aveva buttato, è la mia unica magra consolazione.

Foto di Giovanni Matta

 
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