Pantelleria è maestosa. I suoi alberi, al contrario, sono miniature di un mondo verticale che è stato costretto a dispiegarsi in orizzontale. Dall’ulivo alla “vite ad alberello” (dichiarata patrimonio dell’UNESCO nel 2014) questo mondo “sdraiato” da forma a vitigni il cui suolo sembra essere buchi ordinati di “gruviera”, all’interno dei quali, miracolosamente, appare un cespuglio il cui tronco affonda in quel suolo che per mesi è stato “nido”. La nicchia perfetta che lo ha protetto e nutrito.
Pantelleria è il suo Zibibbo, come fosse una identità imprescindibile. Difficile datare il momento in cui l’alberello dell’uva arrivò su quest’isola: la sua coltivazione sul suolo Pantesco si fa risalire, con molta approssimazione, all’ingresso degli Arabi, non fosse altro che il suo nome deriva dall’arabo Zabib. Poco altro si sa circa le origini di questi preziosi grappoli. Sappiamo che li ospita un terreno scosceso, terrazzamenti che nella loro agilità si snodano su crinali rocciosi, arrampicati come abili free climber. Un suolo pietroso e arido ospita la vite in un incavo, creato dall’uomo, che la protegge dal vento e le consente di raccogliere l’umidità necessaria alla sopravvivenza e alla fertilità dell’acino.
Vendemmia di Pantelleria: quando, dove e come
Così la vendemmia di Pantelleria vede uomini e donne chine, ai bordi di imbuti terrosi, che staccano grappolo dopo grappolo l’uva che diventerà vino. Bisogna avere una buona schiena e gambe forti per partecipare a questo lavoro. Accovacciati su terreni inclinati, ancora arroventati dal sole, i raccoglitori passano da un campo ad un altro con l’agilità di chi conosce ogni zolla. I contadini anziani usano mettersi come a cavalcioni sul piccolo alberello, e spostando le fronde superiori, incitano i giovani a tagliare i primi grappoli dal centro perché poi riescano a scorgere meglio il resto dell’uva: “Pi prima cosa ci ha tagghiare i cugghiuna”, è la frase di rito. La traduzione della coloritissima frase è: per prima cosa devi tagliargli i testicoli. Potrei obiettare che la vite è femmina, ma mi si opporrebbe che l’alberello è maschio.
Dobbiamo immaginarla questa isola per capire come e dove si raccolgono i preziosi chicchi. Nel 1955 i terreni a vigna erano circa 5.800 ettari, oggi non più di 500 ettari. Le stime di allora dicono che, a quel tempo, venivano raccolti 475 mila quintali di uva, contro i 25 mila di oggi. Gli uomini percorrevano chilometri con addosso gerle da 70 chili. All’uomo seguì il docile asino e, in appresso, il caparbio mulo.
Oggi nella grande Serraglia, così come a Piana della Ghirlanda o nella meravigliosa conca di Monastero, dominano vasti vitigni, uno dietro l’altro, il cui segno o la sola appartenenza viene delimitata dai famosi muretti a secco, che fanno di queste valli una Toscana bruciacchiata e contrassegnata da venti che non sempre rendono facile la raccolta.
Contrada per contrada scorgi minuscoli appezzamenti, di chi coltiva l’alberello per far del vino proprio o per cederne una parte alle cantine ne faranno nettare da etichetta. E mentre sulla Serraglia stazionano i camion con le ceste, e da lontano scorgi figure umane operose intente a strappare il graspo, altrove incontri uomini o donne sole, dentro minuscoli quadrati, piegati a sfilare con accortezza il grappolo dalla vite.
Non più asini o muli, ma pick up, camion e moto api, con le casse ricolme, attraversano l’isola e giungono ciascuno a destinazione. Numerose sono le cantine che trasformeranno l’uva: questa potrà divenire vino, nelle sue numerose declinazioni, o passito. Del futuro passito verranno selezionati i grappoli, e questi saranno stesi al sole perché possano essiccare e perdere il 90% di quella umidità faticosamente conquistata durante l’estate.
Mentre sono sparsi sopra grandi stenditoi, il coltivatore prega affinché la pioggia, tanto attesa durante la lunga calda estate, non arrivi proprio nel momento in cui gli acini si stanno lentamente asciugando sotto i raggi del sole.
Infine, le instancabili donne di Pantelleria siederanno insieme lungo grandi tavoloni e staccheranno, uno ad uno, gli acini migliori da tutti i grappoli promuovendoli a futuro passito.
Pantelleria Doc Festival: la fiera del vino pantesco
A celebrare i vini di quest’isola, ogni anno, è il Pantelleria Doc Festival che si svolge ogni fino agosto: quattro giorni inventati per spostarsi di contrada in contrada alla scoperta e all’assaggio delle diverse qualità di vini da accostare ai sapori della cucina dell’isola. Tra vini e cibi riescono sposalizi felici e affini a tutti i palati. È una caccia al tesoro che rimanda l’ospite di cantina in cantina, al pasteggio del vino vecchio e nuovo, dal secco al frizzante, dal dolce al pastoso e per scrollarsi di dosso la piacevole sbornia non resta che raggiungere la riva più vicina e da li tuffarsi dentro quel blu che tra un filare ed un altro abbiamo scorso come una lontana e piacevole promessa.