Cala Nikà e l’uva passa, io un po’ meno

Cala Nikà e l’uva passa, io un po’ meno

Il mare a Cala Nikà è incantevole.
Se si è soli e grazie all’ineguagliabile vantaggio di una totale scopertura telefonica diventa magia allo stato puro.
Sei tu e il mare.
E allora ti conviene calzare le pinne, tuffarti e mettere maschera e boccaglio.
Così imboccata la sinistra ti fai piano piano quel tratto di mare fatto di scogliera dalla quale saltano fuori banchi di monachine che ti guardano come fossi un simpatico intruso e piccoli pesci che, invece alla tua vista si danno alla fuga, fino al luogo dove il mare si fa caldo e allora levi maschera e boccaglio ti piazzi nella posizione del “morto” e ti godi il tepore termale che viene dal fondo del mare.

Cala Nikà è magia.
Una piccola fatica per cui val sempre la pena.
Diventa una fatica decisamente più grande se decidi di andare a piedi da casa: andata tutta in discesa, nuotata, ritorno tutto in salita.

Credo che non ci sarà una seconda volta.
Anzi non lo credo, ne ho la certezza assoluta.
Però Pantelleria sorprende sempre e quando ero già a metà percorso, sulla via dell’estenuante ritorno, benché fossi concentrata sulla salita e il mio respiro sempre più affannoso (da buona ipocondriaca ho sentito arrivare lungo il tragitto dai tre ai quattro infarti) con la coda dello occhio ho visto un signore e una signora chini quasi a bordo strada.
La mia attenzione si è immediatamente spostata dall’infarto in corso a quello che stavano facendo i due e mi sono immediatamente fermata.
Sotto il sole stendevano con una pazienza certosina, come artisti intenti a posizionare le tessere di un mosaico, tanti piccoli chicchi di uva già marrone.

Mi sono avvicinata e li ho salutati, ho chiesto loro se potevo osservarli mentre facevano questo lavoro di pazienza, fatica e infinito amore.
Gli che scrivo di Pantelleria e che mi piace raccontarne la bellezza e l’attimo.
E allora mi è arrivato il regalo più grande: “Signora, ci faccia pure una foto. Così la mette a corredo del suo articolo. E venga sabato, non lo dimentichi, a quel punto la spianata per l’essiccazione dell’uva sarà tutta completa”.

Contenta ho ricominciato la salita, carica di un bottino inaspettato.
La strada, infine, mi è parsa anche più leggera.
E ho, persino, dimenticato i due tre infarti in corso.

Foto di Claudia Picciotto

 
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