Cronache lente da Pantelleria: io e il bombo nero

Cronache lente da Pantelleria: io e il bombo nero

Al mattino, quando il sole deve ancora prendere confidenza con la mia schiena, lavoro sotto il cannizzo: il PC illumina bene lo schermo e io mi godo la freschezza delle prime ore. Davanti, un mare blu cobalto che sembra dipinto con un pennello troppo generoso, striato dalle correnti come da un artista distratto.

Silenzio assoluto. O quasi.
Gli unici compagni sono quei ronzii sopra la testa: grossi, neri e goffi come piccoli elicotteri che hanno dimenticato la rotta. Qualcuno li chiama Calabroni, altri li smentiscono subito con più eleganza: “Bombi neri”, in realtà si tratta dell’Ape legnaiola. Nome scientifico serissimo, per un insetto che in realtà ha l’aria di un gigante pacioccone travestito da minaccioso.

La verità? Non hanno nulla di aggressivo. Preferiscono infilarsi dentro i tubi delle canne: qualcuno come magazzino del cibo, qualcun altro come nursery per il loro unico uovo, qualcun altro ancora… come pensione eterna. Un po’ malinconico, sì, ma naturale.

Non attaccano mai, a meno che non ci si metta d’impegno a farli arrabbiare. Le femmine hanno il pungiglione, certo, ma il loro veleno è praticamente innocuo. Se mai vi dovesse capitare di essere punti, sappiate che fa più male la “puntura” della puntura: colpa del pungiglione conficcato, non del siero.

I veri “cattivi” della storia, infatti, sono i Calabroni veri, quelli aggressivi, che non vedono l’ora di ricordarti che disturbare la loro quiete non è mai una buona idea.

Il Bombo nero invece è l’opposto: pacioso, impegnato, quasi buffo. Vola pesante e sparge polline come se ne avesse a chili da smaltire. È un contadino volante che lavora per orti e frutteti senza chiedere nulla in cambio.

Io lo lascio ronzare tranquillo.
Lui lascia me sparpagliare parole al vento.
Siamo due coinquilini di Pantelleria, e va bene così.

 
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