Da Palermo a Pantelleria o viceversa

Da Palermo a Pantelleria o viceversa

Ragioni familiari mi hanno costretto a tornare a Palermo per quattro giorni.
Devo ammettere che nessuno di questi motivi era particolarmente felice, ma tutti potevano contenere piccole sorprese o momenti gioiosi.
Senz’altro la mia presenza costituiva cemento per rafforzare legami importanti ed era necessaria agli altri e a me stessa come fondamentale contributo d’amore per relazioni che richiedono una costante irrigazione di sentimento.

Sapevo sarebbe stato un “tour de force”, ho farcito quattro giorni come farebbe un cuoco pazzo.
Vi ho ficcato dentro tutti gli ingredienti che avevo a disposizione senza controllare che legassero fra loro.
Come minimo l’indigestione era certa.
Così è stato.

Al secondo giorno ho perso l’uso della parola.
Al terzo, come mi capita nelle situazioni di grande stress ho cominciato a muovermi come un bradipo.
Al quarto, a metà tra vigliaccheria e coraggio, ho deciso di fare ritorno a Pantelleria.
(Quando il lavoro ti salva la vita!).

Dentro un aeroporto affollato, disorganizzato, perennemente in costruzione (parlo dell’aeroporto di Palermo) ho perso quelle due “barra” tre speranze che riponevo nell’umanità.
L’aria condizionata aveva congelato il mio pensiero e continuavo ad indossare magliette a maniche corte una sull’altra che, arrivata ai controlli, sembrava fossi andata a rubare ai grandi magazzini.

Salita sull’aereo ho cominciato a guardare fuori che già eravamo quasi all’imbrunire.
L’ho vista (chi ho visto?), Pantelleria dall’alto, verde del suo verde di fine giornata.
Le scogliere a picco spumeggiavano e se non fosse che le mappe geografiche la pongono tra Africa e Sicilia avrei detto di essere lì ad ammirare dall’alto una delle isole Shetland (colate laviche escluse).

Uscita dall’aeroporto mi ha investito un maestrale particolarmente freddo per la stagione, ma così come mi ha spostata di peso allo stesso modo mi ha ripreso al volo e adagiata sul terreno.
Ho percorso la strada dall’aeroporto a casa mentre l’isola ad uno ad uno lavorava a sciogliere tutti nodi che avevo tra petto e pancia.
Arrivata a casa metà dei nodi era sciolto, Pantelleria aveva spalmato il suo magico unguento e una discreta porzione di malessere era già volata assieme al maestrale.

Pantelleria, a volte, è una grande “maestra di cerimonie”, sa accogliere anche i peggiori soggetti.

 
Tags
 
 
 

I commenti sono chiusi.