Il regale serpente di Rekhale

Il regale serpente di Rekhale

A Pantelleria, nella contrada di Rekhale, c’è una trazzera lunga lunga e a tratti impervia.
La bazzico un po’ perché ci vivono amici e un po’ perché lì mi capita di accompagnare i clienti presso alcuni dammusi.
La stradina stretta è bucherellata come la più raffinata delle gruviere e scende e scende (fosse per lei andrebbe dritta fino al mare) ma a noi che la percorriamo impone soste e sterzate.
E se incroci qualcuno nel senso inverso di marcia è spesso tutto un corteggiarsi di “dopo di lei, su venga avanti, mi accosto e le faccio spazio che ha la precedenza perché lei è in salita”.
E così potrebbe anche andare per tempo, non fosse che talvolta si ha anche molta fretta su quest’isola che sembra immobile ma che muove se stessa e l’attorno con fare danzante.

Ma io mi perdo sempre e, anche questa volta, ho fatto una premessa “pindarica” per raccontarvi che questa trazzera ha un abitante da alcuni temuto e da molti rispettato.
Si tratta di un grosso serpente nero con delle striature gialle, sarà lungo forse un metro ma ha un bel diametro: di quelli che ti fanno domandare pensierosa cosa mangi questo pacioso rettile.
Pacioso sì, perché costui nel tempo è diventato, a tutti gli effetti, un abitante della contrada come gli altri.
Lo incontri sul ciglio e attraversa la strada senza darsi la pena di fare in fretta e senza nemmeno ringraziarti per avergli assicurato la precedenza.
Se ne parli con gli abitanti della contrada lo conoscono tutti: “Lui abita qui”, ti rispondono con noncuranza.
Pertanto come si farebbe con un gatto, un coniglio o un cane che attraversano al tuo passaggio, se lo incontri nel suo incedere sinuoso non ti resta che aspettare i suoi comodi, seguirne il transito e vederne l’ultimo pezzo che si perde tra il folto dell’erba ai bordi della trazzera.
Non ti degna di un saluto, ma fa sfoggio della sua innata bellezza.

(Questo contenuto potrebbe urtare la sensibilità di chi non ama i rettili, chiedo pertanto a costoro che ci si sforzi ancor di più in una lettura compassionevole e coraggiosa 🙂 )

Foto di Giovanni Matta

 
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