Pantelleria, luogo d’amore da amare

Pantelleria, luogo d’amore da amare

“Fare l’amore” è una frase bellissima.
Anticamente era più in voga dire “fare all’amore”, che io trovo ancora più poetico.
Ma già’ di per sé il concetto di FARE, (il verbo fare che è a metà’ tra un verbo causativo e uno fraseologico) proprio per la dimensione che ha all’interno della nostra grammatica, svolge la funzione di amplificare o snellire concetti più o meno complessi.

“Fare l’amore” lo usiamo per definire l’incontro tra due individui che provano desiderio l’un* nei confronti dell’ altr*.
I miei asteristichi non sono un “politicamente corretto” ma afferiscono ad una convinzione netta: purché si sia adulti e consenzienti per me resta fermo il “fate l’amore e come volete”, al resto ci pensi pure certo puritanesimo da salotto.

Ma come sempre faccio giri troppo larghi.
Tangenziali infinite.

Mi attirerò simpatie e antipatie, ma certe premesse mi identificano, sono la bandiera dell’azienda per cui lavoro e della gente con cui lavoro.
Per cui mi prende male il dover negare quote di “noi” per includere una clientela a cui tutto ciò non piace soltanto per accattivarmi fette di mercato cui, probabilmente, non aspiriamo.

La sto facendo lunga per una cosa che è veramente breve.
Si può fare l’amore in mille modi e con mille cose.
E se pensate che io stia parlando dell’atto sessuale in sé per sé io ne sono ben lungi.

Io parlo del “fare l’amore” anche con un luogo come Pantelleria.
Impastarsi, quindi, con la luce, col buio, strofinarsi con le siepi che ti strisciano sulle gambe e ti lasciano i segni, incontrare il “posto” inatteso lungo un sentiero e impastare la propria anima con la terra, bagnarsi nel mare e sentire mano mano ogni muscolo che si scioglie, correre contro il maestrale e sentire che oppone una resistenza che e’ fiato sul tuo fiato.

Ditemi voi cosa è tutto questo.
Se non corrisponde al fiato di due anime che si incontrano bocca nella bocca.

 
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