Piccola serenata diurna

Piccola serenata diurna

“Salta giù dal letto e raggiungimi sotto il cannizzo”, lei gli dice senza neanche la necessità’ di alzare il tono della voce tale è il silenzio tutto intorno.

Infatti dall’alcova interna giunge una specie di lamento misto a fusa da gatto perché’ lui di alzarsi non ne vorrebbe sapere proprio niente. “Fa caldo fuori”, le risponde.

E lei, prontamente gli risponde che: “Il vento è girato, c’è appena un po’ di sole ma si sta veramente bene. Su alzati che chiacchieriamo”.

Arriva nel suo metro e novanta di muscoli sottili e lunghi, boxer e petto nudo, capelli appena arruffati e quegli occhi dal taglio lunghissimo che tutte le volte che lei li vede è come se all’istante le si aprisse una ferita di uguale grandezza nel cuore che al solo sbattere delle sue ciglia si rimargina.

Si può amare tanto un uomo per la forma dei suoi occhi?

È una domanda che si è fatta spesso e la risposta è sempre stata li’ davanti a lei, in quell’uomo così alto e magro da sembrare che si curvi ad ogni alito di vento.

“Cosa hai da dirmi di Cosi’ importante da decidere di interrompere il mio sonno pomeridiano?”, dice lui fingendo un fastidio che somiglia molto alla tenerezza.

“Ma se neanche dormivi. Sentivo che ti ruzzolavi nel letto come quando ti acchiappa la smania del “corro fuori e mi invento che ho qualcosa di urgente da fare” solo che qui inventarsi qualcosa di necessario e imminente e davvero difficile, no?”, domanda lei con un mezzo sorriso di soddisfazione.

“E allora devo ringraziarti per avermi salvato dal fastidioso rincorrersi dei miei pensieri”, dice lui. È non è una domanda, è una affermazione. Una di quelle cose che lui conosce benissimo e dalle quali non riesce ad essere salvato da quasi nulla. Se non da un impegno fittizio come una spesa inutile o la risoluzione di un’incombenza trascurata da mesi.

Adesso sono seduti l’uno accanto all’altra, in quell’unico spicchio di ombra che il sole gli concede e lei protende la sua mano che lui afferra come automatismo, senza pensarci neanche un attimo.

Restando cosi, muti e silenziosi, lontani dalla ricerca affannosa di tutto quello a cui non sanno neanche piu’ dare un nome. Al riparo di una pace che in quel luogo, in quel momento e dentro uno spicchio d’ombra, per la prima volta, è sembrata ad entrambi autentica.

 
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