I fratelli benzinai di Pantelleria

I fratelli benzinai di Pantelleria

Abito a Rekhale e se c’è una cosa che proprio mi annoia è andare a fare benzina a Pantelleria.

Le uniche pompe di benzina sono in paese.

Sono sedici chilometri all’andata e sedici e sedici al ritorno, TOTALE 32 CHILOMETRI.

Ma, soprattutto, per una come me che utilizza l’auto come mezzo di trasporto e dimentica che anche lei, l’auto intendo, avrebbe bisogno di un certo accudimento, nonché di banale carburante per potere camminare in strada, ricordarsi di fare la benzina (perché la spia che mi dice che sta per esaurirsi è solo uno dei tanti decori luminosi sul cruscotto) è un di più.

Pertanto quei sedici chilometri, talvolta, diventano una specie di quarta perenne al cardiopalma con corollario di preghiere e: “Giuro che starò più attenta, che guarderò la spia che non lo farò più e fammi arrivare alla pompa di benzina ti prego che altrimenti è un guaio”.

Ora se dite a qualsiasi donna di percorrere trentadue chilometri per acquistare un paio di scarpe è probabile che senza che neanche abbiate finito la frase lei si sia già bevuti i primi sedici, ma se le dite di andare a fare il pieno, a tutta prima vi guarderà allibita, perché non capisce il senso della richiesta.

Una volta che le avrete spiegato che senza benzina non potrà andare a comprare neanche un paio di scarpe allora proverà a fingere un malore.

Solo se, mentre lei è accasciata sul divano, voi ostenterete assoluta noncuranza lei, probabilmente indispettita e scocciata, prenderà le chiavi dell’auto per andare a fare il pieno.

Di contro, io che non sono quella che ho ritratto, ma una che le assomiglia molto vagamente.

Mio malgrado vado a fare benzina a Pantelleria e non è tanto per le scarpe che mi scomodo, quanto per il fatto che senza l’auto non posso lavorare e allora con malcelata insofferenza mi reco al distributore.

Ora voi non ci crederete, ma chi è passato da lì lo sa.

A Pantelleria esiste un distributore servito da due fratelli (un fratello e una sorella. a onor del vero) entrambi dotati di un’energia e un’allegria contagiose.

Arrivi lì e sembra che abbiano sempre da far festa.

Che ci siano 88 gradi all’ombra o meno 2 al sole sono saluti, battute sagaci, e “tu come stai e il lavoro, ma che fine hai fatto, e non ti si vede mai, ma la tua macchina va ad aria” e allora a me verrebbe di fermare l’auto e mettermi lì a trascorrere una mezza giornata con loro perché mi mettono un’allegria tale che ho già dimenticato che devo fare altri sedici chilometri per tornare.

Ma cosa ancora più incredibile, dimentico pure di voler comprare quel paio di scarpe che, cavolacci, mi fanno l’occhiolino da dietro la vetrina da una intera stagione.

Soltanto all’ottavo dei sedici chilometri del ritorno mi salta in mente dell’acquisto vanesio, mentre ripenso a quei due strani soggetti che, tra una pacca sulla spalla e un “pieno grazie”, hanno un sorriso e un gesto di simpatia per tutti.

Foto di Giovanni Matta

 
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